BUONARROTI: “Age of Paranoia” è il nuovo singolo che suona come il caos dei nostri tempi

 

C’è qualcosa di profondamente disturbante e affascinante in Age of Paranoia, terzo singolo firmato da BUONARROTI. Il brano si muove su coordinate jungle/drum and bass, ma la sua ballabilità è solo una facciata, un invito subdolo a lasciarsi travolgere da un ritmo che, invece di rassicurare, disorienta.

Dopo un’introduzione ambient, sospesa su tappeti sonori eterei, Age of Paranoia si trasforma rapidamente in un vortice di piani sovrapposti: gli archi distorti e i suoni sintetici creano un’architettura sonora frammentata, perfettamente coerente con il titolo del brano. BUONARROTI gioca con la tensione e la compressione del suono, simulando quella schizofrenia emotiva e cognitiva che spesso accompagna la quotidianità dell’era digitale.

Non c’è catarsi, né rassicurazione: la pista non si apre mai davvero. Si corre, si salta, ma senza mai mettere piede a terra. E forse è proprio questa instabilità il messaggio più potente del pezzo. Age of Paranoia non vuole confortare l’ascoltatore, ma metterlo davanti a un riflesso deformato del presente.

"Age of paranoia" sembra essere una sorta di viaggio interiore in un’epoca dominata dall’ansia e dalla distorsione della realtà. In che modo hai voluto rappresentare questa condizione mentale nel brano? 
Ho cercato di riprodurre questa sensazione distorcendo e modulando il suono degli archi che fungono da tappeto sonoro nel brano. Tendenzialmente questi suoni sarebbero rassicuranti; invece manipolandone il suono ho cercato di rendere un po’ dell’inquietudine che provo quando apro i social o giro per strada. 
 
L’ascoltatore viene prima cullato da tappeti sonori eterei e poi catapultato in un vortice frenetico. Come hai costruito questa progressione sonora? È stata una scelta istintiva o calcolata? 
È una domanda alla quale riesco a rispondere fino a un certo punto. Non ho totale controllo del processo creativo. Qualche volta cerco di pianificare rigorosamente ma spesso le cose prendono una piega inattesa. In altre occasioni invece provo a dare sfogo all’istinto e successivamente cerco, se non di addomesticarlo, almeno di gestirlo. 
 
Usi l’immagine di un “film mentale popolato da immagini distorte”: c’è un riferimento visivo o cinematografico preciso che ti ha ispirato nella composizione? 
Ammetto di avere grosse difficoltà nel citarti qualche film in particolare. Me lo impediscono sia una naturale incapacità nello stilare classifiche (dovuta all’indecisione cronica) sia la vastità della produzione in merito. Aggiungerei poi che per quanto mi piaccia il genere distopico ultimamente trovo che la realtà lo abbia letteralmente surclassato. 
 
Credi che la “ballabilità” del pezzo possa essere un mezzo per veicolare meglio un messaggio disturbante, quasi a tradire le aspettative dell’ascoltatore? 
Il termine “ballabilità”, per quanto sia stato io stesso a utilizzarlo, probabilmente è un tantino estremo se utilizzato per descrivere l’andamento del brano. Tuttavia devo ammettere che questo beat, pur essendo abbastanza lento, mi ha aiutato ad attenuare quella sensazione straniante che provavo quando riascoltavo l’incipit. È come se lo alleggerisse senza sminuirne la carica emotiva.
 
Il video musicale di "Age of paranoia" presenta una serie di immagini che sembrano evocare un senso di inquietudine e distorsione. Qual è stata l'ispirazione principale dietro la scelta di queste immagini? 
Questa domanda bisognerebbe rivolgerla a Nicola (aka Scoppi_Arte), l’autore del videoclip. In questo terzo video (di sei) che comporranno l’intero EP comincia a intravedersi qualcosa: l’astratto sta per diventare concreto; alcune figure cominciano a stagliarsi sullo sfondo. Credo di poter parlare per lui dicendoti che l’ispirazione è arrivata dal concept dell’EP, quel komorebi che rimanda alla luce che filtra tra le fronde degli alberi.
 
Se "Age of paranoia" fosse una stanza dell’EP “Komorebi”, che funzione avrebbe nel suo insieme? Cosa anticipa o cosa nasconde? 
Nell’ottica complessiva dell’EP mi piace più pensarlo come un’anticipazione di ciò che verrà dopo: un fiore che comincia a dischiudersi, una matassa che si dipana, una luce che si intravede e che dissolve parte dell’atmosfera rarefatta e misteriosa prodotta dai brani precedenti.
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