“Su queste
parole” di Giuseppe Vorro è un brano pop rock che parla di depressione del
presente per una situazione esistenziale insoddisfacente, che proietta la
nostra ombra sul futuro che resta, portando con sé debilitazione e speranza
falciata. Non basta tutta la musica del mondo per rialzarsi. Forse è la rabbia
che ci tiene in piedi. La canzone è
stata scritta molti anni fa, quando il cantautore era ventenne. Ancora oggi,
ricorda quella giornata segnata dallo sconforto e dalla stanchezza dello
studio. Prese la chitarra, si sedette alla scrivania e attaccò la prima strofa
che gli venne in mente, mentre le dita sulla tastiera l'accompagnavano. Due
accordi aperti si ripetevano incessantemente, scavando nelle sue emozioni.
Giuseppe,
cosa ti ha spinto a diventare un cantautore e a esprimere le tue emozioni
attraverso la musica?
Non
so spiegare il perché di questo. Semplicemente è successo anche se ci ho
lavorato sopra parecchio per ottenere dei risultati soddisfacente almeno per me
stesso. E’ come vivere; capiti su questo mondo e ti chiedi il perché e dove è
la risposta? forse magari nella musica.
Cosa ne
pensi del panorama musicale odierno?
Io sono
molto curioso in genere e cerco di
ascoltare molto e di rimanere aggiornato sulla musica che gira intorno e anche
lontano da me. Non cerco il commerciale che mi annoia abbastanza. Cerco
qualcosa che mi arricchisca e mi dia la voglia di riascoltare di nuovo e
approfondire.
La musica
italiana non mi da al momento grande affezione. Troppo esibizionismo e tanta
retorica.
Il nuovo
trend trapper non mi da granchè emozioni se non in pochi casi in cui c’è
ricerca e coraggio artistico. Quindi spesso mi rivolgo ad un ascolto più
internazionale sul rock, sullo sperimentale ed elettronica. Sto aspettando la
scossa rock in Italia.
Parliamo
del tuo nuovo singolo “Su queste parole”.
Come è nato? E che riscontro sta avendo con il pubblico?
E’ stato scritto quando ero poco più che
ventenne in un momento di sconforto scaturito da un percorso intrapreso di
notevole difficoltà e fuori dagli orizzonti della mia estrazione sociale.
Quindi ecco gli ostacoli apparentemente insormontabili e la parziale solitudine
nel percorrere questa strada. La musica mi ha aiutato a sfogare la mia
compressione emotiva e in un pomeriggio invernale presi in mano la mia chitarra
nera e con due accordi aperti in ripetizione tirai fuori le strofe e il prechorus delle canzone. In seguito nei
giorni successivi la completai. Sentii subito che si trattava di un ottimo
pezzo.
Di solito i mie brani hanno bisogno di più
ascolti per entrare nel loro/mio mondo. Sono come un castello di cui bisogna
trovare la chiave per poter abbassare il ponte levatoio ed entrare ed essere
accolti per trovarsi a proprio agio o disagio. E’ una comunicazione ad alto
tasso di autodifesa.
E lo so che così mi complico la vita. E so
anche che questo sono io.
La
canzone è stata scritta quando eri ventenne. Guardando indietro, cosa
cambieresti nella tua vita di allora e cosa pensi abbia influenzato la tua
musica?
Non
si può cambiare niente quindi non riesco a fare questa speculazione. Il
percorso di vita mi ha temprato la personalità e sia le cose non buone che
quelli migliori hanno contribuito a rendermi quello che sono oggi e alla fine
non mi trovo male. La mia musica è stata influenzata senz’altro dai primi
ascolti soprattutto dalla radio e dai passaggi musicali tra amici
nell’adolescenza e nella gioventù. Poi anche gli incontri di musicisti con cui
ho suonato che a volte mi hanno portato in territori lontani dal mio sentire ma
comunque molto affascinanti.
Guardando
al futuro, cosa possiamo aspettarci dalla tua musica?
Ho
ancora molta musica nel cassetto e nella mente. Cerco sempre un nuovo sound
diverso da quello di ieri e nuove melodie e armonie. Una strada con nuovi
incontri musicali da fare che possa portare la mia musica sempre più in alto
anche se non necessariamente porterà tanta notorietà.