Con “Tsunami”, Francesco Nardo affronta la sua paura più profonda: smettere di scrivere. Un’angoscia che si trasforma in slancio creativo e introspezione, condensata nel ritornello «Sono fuori di me», sospeso tra fragilità e speranza.
Il featuring con Frego crea un ponte ideale tra Napoli e Catania, mentre il ritorno di Nardo alla produzione, insieme al tocco contemporaneo di Tom Rix, dà forma a un brano in equilibrio tra rock e Mediterraneo.
Effetto Musica incontra Francesco Nardo per parlare di paura, scrittura e rinascita.
Nel brano la paura diventa creazione. Per te che cos’è la paura: un nemico o un motore?
La paura è ciò che prima mi blocca ma poi diventa reazione e resilienza, spingendomi a dare il massimo in ogni cosa che faccio. Sono riuscito con consapevolezza a trasformarla in nemico alleato che mi sprona
Hai definito queste nuove canzoni “preghiere laiche”: quale bisogno spirituale ti spinge a scriverle?
Il bisogno di andare oltre l’apparenza. Viviamo in un momento storico depauperato di interiorità e riflessività, il mondo ci chiede di essere sempre più veloci e performanti ma stiamo perdendo qualsiasi valore umano, siamo arrivati a vivere anche le relazioni come se fossero un trend periodico e quando iniziano davvero a prenderci dal punto di vista emotivo, la maggior parte delle volte scappiamo cercando qualcosa di più facile: in pratica ci accontentiamo della sopravvivenza, senza vivere a pieno le circostanze e le conseguenti emozioni scaturite dal loro proseguire.
La musica riesce davvero a liberare dall’esteriorità, come dici? Quali sono le prime cose da cui hai imparato a staccarti?
La musica per fortuna è quel rifugio che ancora ci salva da un mondo apparente. Tutti oggi dicono che i nostri adolescenti sono ribelli e senza futuro, in realtà credo siano anche migliori della mia generazione adolescente, e stiamo parlando solo di una quindicina di anni fa. I ragazzi oggi scelgono quale artista seguire e lo fanno per la vastità di musica proposta e selezionando le tematiche testuali in cui riscontrarsi. Come in tutte le cose c’è chi si rivede nel meglio della musica attuale e chi nel peggio ma di questo non hanno colpa i “ ribelli senza futuro “ loro ascoltano soltanto quel che gli viene propinato, nel caso migliore selezionano, nel caso peggiore sono guidati dalle logiche di mercato che vedono un artista vendere più di un altro come se la narrazione dei sentimenti fosse una gara a chi racconta lo stato d’animo migliore o meglio di altri ma non credo che il conto che un artista fa con i propri sentimenti possa essere oggetto di competizione. Io ho imparato a distaccarmi dai numeri, anche se questa frase detta ora che “ Tsunami “ sta andando abbastanza bene e mi arrivano tantissimi screen shot al giorno da parte del mio team per congratularsi può sembrare un ossimoro ma di fatto ho scritto questa canzone come le altre precedenti. Credo che non ci sia alcun merito, forse soltanto quello di aver percepito che fosse il momento giusto per farla uscire ma la voglia di fare musica e raccontarsi è identica a quella di prima, quando i numeri erano inferiori e comunque ho continuato.
C’è un’immagine simbolica che rappresenta il tuo “tsunami interiore”?
L’immagina stessa dello Tsunami riflette la mia interiorità di quando ho scritto questa canzone ma scavando nel profondo forse è proprio l’onda che si infrange: questo testo è stato l’infrangersi dell’onda nella mia anima e finalmente la volontà e l’arrivo della forza per ritornare a scrivere.
Se potessi lasciare all’ascoltatore un solo messaggio, quale frase vorresti che restasse impressa?
“Cadono ancora le bombe, crollano ancora i palazzi” un pò per portarlo a riflettere su quanto ancora ci accade nel mondo attorno, un pò per ricordargli che nonostante i crolli, la vita non smette mai di darci le occasioni per rialzarci

