Intervista a Dome Dè: “Non ti penserò” è l’addio raccontato con sincerità


Con “Non ti penserò”, Dome Dè mette a nudo la parte più autentica e fragile di sé, raccontando la fine di una storia d’amore senza filtri né retorica. Niente rancore, niente vendetta: solo la consapevolezza che anche gli addii possono avere una loro forma di bellezza. Tra sonorità intime e una scrittura diretta, il brano si muove dentro una notte di pensieri e verità non dette, fino a trovare la forza di chiudere la porta e ripartire. Un racconto di libertà emotiva, dove la fine diventa un nuovo inizio.

“Non ti penserò” racconta un addio maturo: cosa significa per te riuscire a chiudere una storia senza rancore?
Chiudere una storia senza rancore significa, anche se con dolore, prendere consapevolezza che quel che è stato non può più tornare; significa recidere per sempre quel legame che ci ha legato all’altra persona, rendendo la storia stessa unica e irripetibile. Il rancore fa male all’altro, ma innanzitutto a sé stessi; quindi, solo accantonandolo, riusciremo a ripartire, trasformando il ricordo della storia vissuta in un momento indimenticabile della nostra vita. Dal dolore può maturare l’esperienza.

Nel brano descrivi la notte come cornice di riflessione: hai un rapporto particolare con la notte e la solitudine?
Assolutamente sì. La notte, per me, è il momento in cui tutto si fa più chiaro, anche se può sembrare il contrario. È quando il rumore del giorno si spegne che i pensieri si fanno spazio. La solitudine notturna non è vuoto, ma un tempo di ascolto interiore, in cui le emozioni emergono nella loro forma più sincera.

Qual è stato il momento esatto in cui hai sentito la necessità di scrivere questa canzone?
È nato tutto dopo una serata in cui, inaspettatamente, ho sentito una pace nuova dentro di me. Era come se avessi finalmente accettato una fine, senza più voler cambiare nulla. È stato un momento di consapevolezza, malinconico ma liberatorio. Da lì è arrivata la voglia di trasformare quel sentimento in musica.

Nei tuoi testi sembra esserci sempre un equilibrio tra malinconia e speranza: quanto è importante questa dualità per il tuo stile?
È fondamentale. La malinconia racconta ciò che abbiamo perso, la speranza quello che possiamo ancora costruire. Nei miei brani cerco sempre questo equilibrio, perché credo che la musica debba accogliere il dolore, ma anche indicare una via d’uscita. È un modo per rimanere sinceri ma non rassegnati.

Quando canti questo brano dal vivo, quali emozioni tornano a galla?
Ogni volta che lo canto rivivo quel mix di nostalgia e sollievo che ha dato origine alla canzone. C’è un momento, verso la fine, in cui sento davvero di lasciar andare qualcosa. E vedere negli occhi di chi ascolta che quelle parole parlano anche a loro è una delle emozioni più forti.

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