Con “Le nazioni, situazioni, sanità”, L’Invidia
costruisce un’opera in cui politica, disagio psicologico e visione
post-industriale si intrecciano. Il suono è nervoso, il testo colto e affilato.
Ogni brano è una tappa di un viaggio distorto tra le crepe del nostro tempo.
“Big bang” è un delirio contenuto, un inizio che
sprofonda tra ansia e immobilità esistenziale. “Destino crudele”
rievoca la diaspora contemporanea, l’abbandono dei territori, in una cornice
sonora essenziale e pulsante. “Mostri nell’armadio”
è epica urbana: voce ruvida, chitarre dense, malinconia solare. Il brano “Le
nazioni, situazioni, sanità” è incandescente: grida, rumori
metallici, ironia corrosiva. “Crollano i palazzi”
attraversa la guerra con l’empatia del cittadino, non dell’eroe. “Era
ora” è lo stacco lirico: suoni rarefatti, la natura osservata
con lo stupore di chi torna a respirare. “Restare in piedi”
è la vetta intima del disco: dinamiche familiari, lotta contro l’inerzia, voce
che si spezza. “Gregge” è geometria
sonora: un attacco all’ideologia dominante, tra elettronica e chitarre cupe. “Sogno”
è la chiusura cosmica, una parabola di rinascita attraverso lo sguardo
disincantato di chi non si arrende.
Un disco che agisce più come romanzo distopico che come raccolta musicale.
Serve tempo per capirlo. Ma ne vale la pena.