Alfredo Venosa: "Te voglio bene" tra verità e identità musicale


Alfredo Venosa, artista e musicista di lunga carriera, presenta il suo nuovo singolo "Te voglio bene", un brano che esplora il valore dei sentimenti non espressi e la potenza della verità nascosta nei piccoli gesti quotidiani. Con una carriera che lo ha visto collaborare con nomi come Mia Martini, Nino D’Angelo e Valentina Stella, Venosa ha costruito il proprio percorso artistico a partire dall'esperienza e dalla passione per la musica. Tuttavia, la sua decisione di intraprendere il progetto da solista segna un passo importante nella sua carriera, un’espressione autentica della sua visione musicale.

Nell’intervista per Effetto Musica, Venosa parla delle influenze che hanno segnato il suo stile, della sua scelta di cantare in napoletano per sentirsi più vicino alla propria essenza e dell’importanza di poter finalmente esprimere la propria creatività attraverso questo nuovo capitolo musicale. Un lavoro che esplora anche il tema del "non detto", qualcosa che, in un certo senso, ha sempre accompagnato il suo rapporto con la musica, tra il desiderio di fare arte e la necessità di vivere di essa.

Scopriamo insieme come la semplicità e l'intensità di un titolo come "Te voglio bene" possa racchiudere il bisogno di verità che da sempre contraddistingue la sua musica.

Cosa rimane oggi, nel tuo modo di scrivere, della tua esperienza con Mia Martini, Nino D’Angelo e Valentina Stella?
Quando ho suonato nell’1988 con Mia martini ancora non componevo.
Rimanevo però incantato dal suo modo di interpretare… assolutamente da brividi.
A fine 1992 sono entrato nel gruppo di Nino D’angelo, devo ammettere che prima di conoscerlo ero un po’ prevenuto. Invece poi è nato subito un rapporto di grande stima reciproca.
Anche con Valentina ho lavorato molti anni; è quella che si dice un animale da palcoscenico… bravissima cantante. Per rispondere però alla vostra domanda devo dire che penso di non aver avuto influenze particolari da loro dal punto di vista compositivo. Sono stato però un grandissimo estimatore del Pino Daniele compositore di ballad e penso mi abbia sicuramente influenzato nel gusto di lasciarmi sorprendere da insolite variazioni armoniche che mi nascono non so nemmeno io da dove e mi ispirano nella composizione delle melodie.

Il napoletano ha un ruolo centrale nel brano. È una scelta identitaria o istintiva?
E’ una scelta che nasce dal fatto che esprimermi in italiano mi fa sentire meno vero;
in napoletano all’improvviso mi escono frasi che nascono proprio da dentro, che un secondo prima non le hai pensate e solo dopo ti accorgi che hanno un senso.

C’è un momento della tua carriera che consideri decisivo per arrivare a questo esordio da solista?
Forse si, dopo aver ritenuto per tanti anni a torto, ma più probabilmente a ragione, di non aver avuto i riconoscimenti artistici (tranne dagli addetti ai lavori) ed economici per i brani che ho composto, è nato questo bisogno. Forse non è un caso anche il fatto di aver preso la decisione di fare un progetto da solista, dopo aver praticamente appeso al chiodo lo strumento.

Il tema del “non detto” attraversa il brano. È qualcosa che senti di vivere anche nella musica?
A me non è mai piaciuto lo spettacolo, la musica è un’arte e ne ho amato sempre e solo la parte creativa. Ma si deve vivere di musica e quindi ho dovuto fare anche il mestiere del musicista raccogliendo le briciole di creatività che, nel rispetto di quello che eseguivo, potevo concedermi. Avrei preferito più spesso di quanto è accaduto di stare in band che fanno musica propria o di suonare quello che veramente ti piace e affidare la creatività a improvvisazioni oppure comporre come fortunatamente ho fatto. Quindi si, “il non detto” in un certo senso l’ho vissuto anche in musica.

Il titolo “Te voglio bene” è semplice e diretto. È stata una scelta immediata?
Si è una frase che quando ho scritto mi ha dato il senso di una verità. 


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