"Un posto in cui tornare", il nuovo EP di Lapolveriera, è un viaggio musicale tra nostalgia e ricerca di un rifugio emotivo. La band veronese evolve il proprio sound abbandonando le radici folk-cantautorali per abbracciare atmosfere più potenti e moderne, senza perdere autenticità. Tra i brani spicca Sibilla, impreziosita dal featuring con i Meganoidi, simbolo di un’apertura a collaborazioni di spessore.
Un lavoro intenso e malinconico che la band porterà in tour, con la speranza di emozionare il pubblico e continuare il proprio percorso artistico verso nuovi orizzonti.
Un posto in cui tornare esplora il tema del rifugio e della nostalgia. Cosa vi ha spinto a scegliere questo argomento?
Ciao e grazie dell’ospitalità! In realtà, trattare il tema del rifugio e della nostalgia non è stata una scelta fatta a priori. E’ stato solo alla fine della fase di scrittura dei brani che ce ne siamo accorti: tutte le canzoni, anche se diverse tra di loro, erano accomunate da una sensazione di nostalgia, dalla necessità di un “ritorno” di qualche tipo. È stato bello comprendere che, pur senza una decisione “editoriale”, i brani si sono orientati tutti verso un focus preciso. Ed è ancora più bello perché non abbiamo dovuto fingere niente. Questi siamo proprio noi, Lapolveriera.
In che modo la vostra musica è cambiata o evoluta nel corso del tempo?
Non sappiamo quale sia il modo tramite il quale siamo cambiati, ma sentiamo di non essere più Lapolveriera del 2019, di quando è nato il progetto: siamo cresciuti, ci stiamo evolvendo, ma manteniamo fermo il desiderio di raccontare. Questo EP rappresenta una bella svolta nella focalizzazione del sound e del modo di scrivere: rispetto al primo disco, ci siamo lasciati alle spalle l’impronta folk-cantautoriale degli inizi ed i suoni sono più grossi, più dritti, molto più focalizzati sul significato che vogliamo trasmettere con i nuovi brani. Ci riavviciniamo ai synth, agli overdrive più corposi, e lasciamo che i brani sfreccino nelle orecchie uno dopo l’altro. Fa eccezione solo Cartolina, canzone molto più “calcuttiana” ma non meno effettiva nel senso che si vuole rendere.
Un posto in cui tornare esplora il tema del rifugio e della nostalgia. Cosa vi ha spinto a scegliere questo argomento?
Ciao e grazie dell’ospitalità! In realtà, trattare il tema del rifugio e della nostalgia non è stata una scelta fatta a priori. E’ stato solo alla fine della fase di scrittura dei brani che ce ne siamo accorti: tutte le canzoni, anche se diverse tra di loro, erano accomunate da una sensazione di nostalgia, dalla necessità di un “ritorno” di qualche tipo. È stato bello comprendere che, pur senza una decisione “editoriale”, i brani si sono orientati tutti verso un focus preciso. Ed è ancora più bello perché non abbiamo dovuto fingere niente. Questi siamo proprio noi, Lapolveriera.
In che modo la vostra musica è cambiata o evoluta nel corso del tempo?
Non sappiamo quale sia il modo tramite il quale siamo cambiati, ma sentiamo di non essere più Lapolveriera del 2019, di quando è nato il progetto: siamo cresciuti, ci stiamo evolvendo, ma manteniamo fermo il desiderio di raccontare. Questo EP rappresenta una bella svolta nella focalizzazione del sound e del modo di scrivere: rispetto al primo disco, ci siamo lasciati alle spalle l’impronta folk-cantautoriale degli inizi ed i suoni sono più grossi, più dritti, molto più focalizzati sul significato che vogliamo trasmettere con i nuovi brani. Ci riavviciniamo ai synth, agli overdrive più corposi, e lasciamo che i brani sfreccino nelle orecchie uno dopo l’altro. Fa eccezione solo Cartolina, canzone molto più “calcuttiana” ma non meno effettiva nel senso che si vuole rendere.
Parlando di sonorità, il brano Sibilla include un featuring con i Meganoidi. Com’è nata questa collaborazione?
La collaborazione con i Meganoidi è nata proprio nel segno della musica, ovvero sui palchi: ci è capitato di aprire alcuni dei loro set, e ci siamo piaciuti immediatamente. Loro sono disponibili, gentili e alla mano, oltre che essere dei musicisti incredibili. Per questo, quando si è presentata la possibilità di una collaborazione su Sibilla per noi è stato un vero piacere: il flicorno e la tromba di Luca e la voce di Davide sono stati gli elementi che hanno caratterizzato i Meganoidi nel periodo del loro boom e sono tuttora le sonorità che fanno girare la testa alla gente e dire: “Ehi! Questi sono i Meganoidi!”. Per questo motivo abbiamo loro chiesto di arricchire Sibilla con le loro parti, di voce e tromba/flicorno: è una pietra miliare del loro sound che si ripropone in chiave “Lapolveriera”.
Come descrivereste i cinque brani del nuovo EP?
Un amico ci ha detto che, nell’ascoltare l’EP, ha provato una “meravigliosa malinconia”: ci permettiamo di rubare questa definizione e vorremmo descrivere i cinque brani proprio così: meravigliosamente malinconici. Ogni canzone ha il suo carattere e, seppure unite da quel fil rouge di cui abbiamo detto prima, non si sovrappongono mai nel loro racconto: sono cinque storie diverse, cinque storie che vivono vita propria ma, tra loro, cugine.
Quali sono le vostre aspettative per questo nuovo capitolo musicale?
Che possa essere accolto, ascoltato, criticato, apprezzato. Vogliamo che faccia il giro del mondo e che poi torni più maturo di com’è partito. Speriamo che possa piacere, se non a tutti, almeno a tanti. Se non piacerà a tanti, speriamo che i pochi che lo gradiranno possano sentire quanto è denso il sentimento che abbiamo provato a trasmettere. E soprattutto, non vogliamo che si fermi qui: anche se si parla di un posto in cui tornare, è sempre necessario ripartire.
La vostra carriera vi ha visti condividere il palco con molti artisti importanti. Quanto hanno influito queste esperienze sul vostro percorso?
Tantissimo. Ogni palco porta con sé delle emozioni: certamente, ci siamo sentiti travolti quando ci è capitato di essere a tu per tu con i “mostri sacri” della musica italiana – sia sul palco sia in studio, o davanti a un bicchierre di vino. Possiamo citare Omar Pedrini, anche Federico Poggipollini, Pierpaolo Capovilla, Paolo Benvegnù, i mitici Meganoidi ed anche tanti internazionali… ce ne sarebbe da raccontare! Ciascuno di questi incontri ha lasciato un deposito in noi, ci ha arricchiti. Abbiamo cercato sempre di fare tesoro di tutti i consigli di chi, prima di noi, ha dovuto procedere a tentativi per capire quale fosse la strada giusta. Forse “gratitudine” è il termine che riassume le emozioni che si provano… sono cose irripetibili, e sono anche belle cose da raccontare!
Siete nati come band a Verona. Quanto questa città ha influenzato la vostra musica? C’è un legame particolare con il territorio?
Verona è un posto dove la musica originale ha sempre fatto fatica a esprimersi, salvo qualche esperienza di persone del territorio che ci credono anima e corpo. Ma non è Bologna. Non è il Sud. A Verona siamo grati perché i nostri amici più cari ci abitano, ma preferiamo suonare poco “a casa”. Preferiamo le trasferte in posti nuovi, preferiamo contaminarci con artisti “di fuori”, anche se naturalmente ci sono alcune gemme musicali anche nella nostra città. Dando per scontata la bellezza storica di verona e parlando unicamente in chiave musicale, “bella ma non ci vivrei”. 😊
Guardando al futuro, quali sono i vostri sogni o obiettivi come band?
A lungo termine ci piacerebbe trasformare questo sogno in un lavoro, ma accontentiamoci intanto di mettere un passo davanti all’altro: ora che abbiamo tra le mani “Un posto in cui tornare” vogliamo portarlo in tour ovunque perché speriamo possa piacere almeno tanto quanto piace a noi. Nel breve periodo, stiamo già pensando a nuovi brani in vista dell’estate. Ma su questo, no spoiler! <3