Sergio Giangaspero: un ponte tra passato e presente con "1965: al di là del confine"


Con "1965: al di là del confine", Sergio Giangaspero riprende un brano scritto a 19 anni, ispirato ai racconti di sua madre, esule da Pola. La canzone mescola rock e una narrativa storica intensa, raccontando l’esodo giuliano-dalmata. Con una melodia semplice ma evocativa, il brano esplora le radici familiari dell’artista, collegando il passato alle attuali migrazioni globali. Giangaspero spera che il pubblico, in particolare i giovani, possa riflettere sulle tragedie del passato per comprendere meglio quelle contemporanee.

“1965: al di là del confine” è un titolo evocativo. Puoi raccontarci cosa rappresenta per te questo brano?
Si tratta di un brano che avevo nel cassetto da decenni, è un testo breve e una musica semplice e orecchiabile, spero di essere riuscito a raccontare un episodio drammatico in modo lineare ed efficace.

Hai dichiarato di averlo scritto a 19 anni, ispirandoti ai racconti di tua madre esule da Pola. Cosa ti ha spinto a recuperarlo proprio ora?
L’età che avanza spesso ti porta a guardarti indietro, ho ripensato ai racconti dei miei, che sono stati protagonisti, loro malgrado, di un importante e drammatico avvenimento storico.
Il mondo sta vivendo un’epoca di enormi migrazioni, volontarie e indotte, ho voluto creare un ponte col passato recente su questo argomento. D’altronde la storia dell’essere umano è caratterizzata da continue e ininterrotte migrazioni.

Nel brano si percepisce una forte componente emotiva. Quanto è stato difficile, o liberatorio, riaprire una ferita familiare così profonda?
Non la definirei propriamente una ferita, nel senso che nei racconti non si percepiva dolore o risentimento, ma piuttosto un resoconto oggettivo di quello che è stato. La canzone piuttosto testimonia una parte delle mie radici.

La canzone unisce un tono rock a una tematica storica intensa. Qual è stato l’obiettivo musicale e narrativo di questo accostamento?
Il tono rock si percepisce soprattutto nella chitarra distorta dei bridges strumentali, vuole significare il dolore di un abbandono così importante e nello stesso tempo crea un po’ di contrasto con la semplicità della melodia. 

Credi che oggi il pubblico, specie quello più giovane, sia pronto a confrontarsi con una pagina di storia come l’esodo giuliano-dalmata attraverso la musica?
Nel 1965 quell’episodio era ancora un fatto di cronaca piuttosto recente e in divenire. Oggi è storia, se i ragazzi studiano la storia ne verranno a conoscenza. Il mio auspicio è che quel tragico evento possa far aprire gli occhi sulle tragedie attuali.

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