Wake Up in the Cosmos: l'odissea psichedelica di 'Keine Strasse' attraverso le nebbie dell'anima


I
l cuore pulsante di "Keine Strasse" il disco d'esordio dei Wake up in the cosmos è un'odissea psichedelica attraverso un paesaggio sonoro unico. Il protagonista del viaggio è immerso in una nebulosa di ricordi, desideri e ossessioni che lo spingono a esplorare i recessi più oscuri della propria anima.
 
"Wake up in the Cosmos" è descritto come uno "status quo", un luogo sicuro distorto in cui ci si rifugia. Ci potete spiegare il significato dietro questo concetto e come si riflette nella vostra musica?
 
É il nostro locus amoenus. Suoniamo per passione e necessità e facendolo ci mettiamo a nudo. Indossato il casco diventiamo noi stessi e buttiamo fuori tutto ciò che ci teniamo dentro traducendolo in musica. Il prodotto riflette ciò che stiamo provando in quel momento.
 
Il vostro progetto è nato nel 2018 con l'iniziativa di Francesco Bigazzi. Come è iniziata questa avventura e come avete plasmato il vostro sound che coniuga garage e neo-psichedelica?
 
Francesco ha composto i primi brani nella sua cameretta mentre suonava in una band della scena garage valdarnese. Quando ha conosciuto Edoardo ( chiamato a sostituire il batterista della band ) gli ha subito proposto di entrare a far parte del suo “cosmo” appena nato. Edoardo ha portato con se il chitarrista dell’altro suo progetto, Alessandro. Siamo partiti dal garage di Francesco e con il tempo Alessandro ha aggiunto la sua vena psichedelica.
 
Nel corso degli anni, avete integrato nuovi membri che hanno portato contributi significativi. Come queste nuove influenze hanno arricchito il vostro approccio musicale?
 
Dopo il primo periodo come trio abbiamo deciso di prendere un bassista. Il primo, nonostante le tante esperienze, non è riuscito ad amalgamarsi bene ed è quindi stato sostituito da Simone. Nonostante fosse più acerbo si è creato subito un gran feeling, portando tutta la sua creatività e le sue influenze.
 
Il vostro primo album, "Keine Strasse", è stato registrato in collaborazione con il produttore Renato d'Amico. Come è nata questa collaborazione e in che modo ha influenzato il vostro processo creativo?
 
Francesco e Renato si sono conosciuti casualmente in Valdarno, dopo il trasferimento di quest’ultimo. Gli abbiamo fatto sentire qualche traccia ed abbiamo deciso di collaborare. Renato, oltre che produttore, è un grandissimo musicista e cantautore. Lavorare con lui è stata davvero una bella esperienza, è riuscito a mettere insieme il tutto con un tocco che non ha influenzato il sound, riuscendo ad uniformarlo.
 
Potete condividere il processo creativo dietro la realizzazione della copertina e il significato che essa rappresenta per il vostro album?
 
Il palombaro è stato fin dal primo giorno il nostro alter ego. Nella copertina è imbrigliato in questa rete di neuroni che lo avvolgono come tentacoli. É nel bel mezzo del suo viaggio.
 
Qual è il vostro brano preferito dell'album e perché? C'è una storia o un significato particolare dietro quel brano che volete condividere con i nostri lettori?
 
Domanda davvero difficile. Ziggurat, con la sua danza tribale, è la più sperimentale dell’album e tra le più divertenti da suonare. Parla della volontà di discostarsi dalla massa, con questo tentativo di ascesa verso la salvezza bloccato quasi in partenza. É ispirato a “ L’uomo della folla”  di E.A.Poe.

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